Villabate, ecco il contratto con la mafia Megastore e mafia chiesti sessant’ anni
Eventi a cui ha partecipato Rocco Aguzzo
Eventi a cui ha partecipato Rocco Aluzzo
Dichiarazioni spontanee Palermo, 5 gennaio 2009 – 12:50
Rocco Aluzzo imputato 15:1510′ 6″
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Interrogatorio Francesco Campanella, Villabate, Centro Commerciale, Arch Aluzzo Rocco, ASSET DEVELOPMENT s.r.l., Architetto Borsellino, Cuffaro, Mandalà,
Megastore e mafia chiesti sessant’ anniI pm della Dda Nino Di Matteo e Lia Sava hanno chiesto 60
anni di reclusione per gli 8 imputati nel processo sul megastore di Villabate
controllato dalla mafia.La pena più alta – 15 anni – è stata sollecitata per
Giovanni La Mantia,
accusato di associazione mafiosa; nove anni la pena chiesta per l’ ex sindaco
di Villabate Lorenzo Carandino (concorso esterno) e per l’ architetto che
progettò l’ ipermercato, Rocco Aluzzo (concorso esterno).I pm hanno invece
chiesto la condanna a 7 anni di Pierfrancesco Marussig, titolare della Asset
Development che doveva realizzare il centro commerciale, accusato di corruzione
aggravata dall’ avere agevolato la mafia.Sette anni la pena chiesta per l’
architetto Antonio Borsellino e 5 anni per l’ ex socio della Asset, Giuseppe
Daghino e per l’ ex sindaco di Catania, Angelo Lo Presti.Patto mafia-politica per il megastore
Da mandalà a La
Loggia, da Cuffaro a Mastella. Per Francesco Campanella, il
politico “pentito” che, con le sue dichiarazioni, ha aggravato la
posizione del presidente della Regione nel processo che lo vede imputato di
favoreggiamento a Cosa nostra e rivelazione di notizie riservate, è arrivata l’
ora di ribadire in aula le sue accuse sulle tante relazioni pericolose tra
uomini politici e mafiosi che a lui, ex segretario nazionale dei giovani dell’
Udeur ma anche uomo “riservato” della famiglia mafiosa di Villabate,
risultano in prima persona. E proprio al processo per le tangenti per la
realizzazione del centro commerciale di Villabate Campanella verrà ascoltato la
prossima settimana a Firenze dai pm Nino Di Matteo e Lia Sava che, nei giorni
scorsi, hanno depositato agli atti il memoriale datato 11 ottobre 2005 nel
quale Campanella, ancor prima di formalizzare il suo status di collaboratore di
giustizia, ha messo nero su bianco le sue accuse. E non solo a Cuffaro. Ci sono
due uomini di primo piano di Forza Italia ai quali il pentito attribuisce uno
stretto rapporto personale con il boss di Villabate, Antonino Mandalà, che fu
il coordinatore del circolo azzurro di Villabate. E proprio Mandalà, in una
riunione nello studio del presidente dei senatori di Forza Italia Renato
Schifani, avrebbe concordato con lui e con «il suo amico e socio» Enrico La Loggia le modifiche da
apportare al piano regolatore di Villabate, strumento di programmazione
fondamentale per la realizzazione del centro commerciale che tanto interessava
alla cosca di Villabate. Il pentito racconta che l’ operazione concordata tra
Mandalà e La Loggia
«avrebbe previsto l’ assegnazione dell’ incarico ad un loro progettista di
fiducia, l’ ingegner Guzzardo, e l’ incarico di esperto del sindaco in materia
urbanistica allo stesso Schifani, che avrebbe coordinato con il Guzzardo tutte
le richieste che lo stesso Mandalà avesse voluto inserire in materia di
urbanistica. In cambio – precisa poi Campanella – La Loggia, Schifani e Guzzardo
avrebbero diviso gli importi relativi alle parcelle di progettazione Prg e
consulenza».Secondo Campanella, «il piano regolatore di Villabate si formò
sulle indicazioni che vennero costruite dagli stessi Antonino e Nicola Mandalà,
in funzione alle indicazioni dei componenti della famiglia mafiosa e alle
tangenti concordate». Nel processo che martedì si trasferisce a Firenze sono
imputati Pier Francesco Marussig e Giuseppe Daghino (i manager della
multinazionale romana Asset); l’ ex sindaco di Catania, Angelo Francesco Lo Presti;
l’ ex sindaco di Villabate, Lorenzo Carandino; gli architetti Rocco Aluzzo e
Antonio Borsellino.Nella vicenda dell’ ipermercato di Villabate, che poi non
fu mai realizzato, Campanella è il teste chiave: il pentito sostiene di aver
ricevuto da Marussig una tangente da 25 mila euro per sveltire l’ iter di
approvazione del centro commerciale. Antonino Mandalà è invece imputato in una
seconda «tranche» del processo che si celebra con il rito abbreviato.Il
tribunale lo ha condannato a 8 anni per associazione mafiosa nel processo a
Gaspare Giudice. a.z.Villabate, tangenti sul megastore a giudizio politici e imprenditori
Il giudice per l’ udienza preliminare di Palermo Marco
Mazzeo ha rinviato a giudizio otto persone accusate a vario titolo di avere
avuto un ruolo nell’ affare del centro commerciale di Villabate.Della vicenda,
secondo quanto riferito dal pentito Francesco Campanella, era interessata la
famiglia mafiosa del paese a 5 chilometri da Palermo, capeggiata da Nicola
Mandalà.Nell’ affare Cosa nostra avrebbe cercato di ottenere autorizzazioni
per realizzare un mega centro da circa 200 milioni di euro. Per accelerare le
pratiche sarebbero state pagate tangenti ai consiglieri comunali di Villabate.
Il Gup ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Nino Di Matteo e Lia
Sava: a giudizio sono andati Giovanni La Mantia, Rocco Aluzzo, Antonio Borsellino, l’ ex
sindaco del paese Lorenzo Carandino, l’ ex sindaco di Catania Angelo Francesco
Lo Presti, Matteo D’ Assaro, Pierfrancesco Marussig e Giuseppe Daghino,
titolari della società Asset Development che avrebbe dovuto realizzare il
centro.In apertura di udienza il gup aveva respinto le eccezioni di
incompetenza territoriale presentata dalla difesa di Marussig, di Daghino e di
Lo Presti. Il processo è stato fissato per il 16 aprile davanti alla quinta sezione
del tribunale di Palermo.Villabate, ecco il contratto con la mafia
Dentro il computer di un architetto che si occupò del centro
commerciale di Villabate, i carabinieri hanno ritrovato un documento
eccezionale. è un vero e proprio contratto stipulato dagli imprenditori con il
capomafia di Villabate.«La definizione degli accordi è avvenuta con il signor
Nicola Mandalà – è scritto nel documento – che nel periodo finale ha sostituito
il signor Campanella».Era nel computer dell’ architetto Rocco Aluzzo il file,
assieme ad altri che adesso sono all’ esame di un perito informatico.Stabilisce ancora il documento: «Allegato A. Condizioni pattuite dalla società
acquirente con i signori Borsellino, Mandalà, Notaro e Campanella».Al punto
tre si legge: «Impegno assunto dalla società acquirente ad affidare buona parte
degli appalti dei lavori a ditte indicate dai suddetti signori». E ancora:
«Impegno assunto dalla società ad assumere, in misura pari ad almeno il 20 per
cento del proprio organico, personale indicato dai suddetti soggetti».Punto
cinque: «Impegno assunto dalla società acquirente a cedere in affitto almeno il
30 per cento dei locali o dei rami d’ azienda della galleria di negozi che si
andrà a realizzare, a ditte indicate dai soggetti di cui sopra». E non si
capisce a che titolo Nicola Mandalà, il boss che custodiva la latitanza di
Provenzano, fosse parte dell’ accordo. La data del documento è quella del 26
febbraio 2001.Il documento è stato depositato ieri mattina dal pm Nino Di
Matteo. E al processo Miceli, la
Procura ha chiamato a deporre l’ avvocato Giovan Battista
Bruno: un tempo, era uno degli amici più fidati del presidente Cuffaro. Oggi,
lo mette nei guai, confermando le accuse di un altro amico del governatore,
Francesco Campanella, oggi uno dei principali pentiti della Procura di Palermo.Dice Bruno: «Incontrai Cuffaro in un ristorante, a Roma, il sabato prima di
Pasqua, nel 2003. Parlava male di Campanella. Mi disse, a proposito del
progetto di realizzazione di un centro commerciale a Villabate: “Se uno
vuole le cose si deve presentare. Ed invece da una parte mi hanno offerto 5
miliardi, da quest’ altra manco sono venuti».Successivamente, Bruno incontrò
Campanella: «Definì Cuffaro un traditore – ricorda l’ avvocato Bruno – mi disse
che secondo lui Totò aveva fatto finta di portare avanti il progetto di
Villabate, invece in realtà voleva solo quello di Brancaccio». Secondo la Procura, dietro il centro
di Brancaccio, c’ erano i boss. Bruno offre altri inediti: «Campanella mi disse
che Cuffaro l’ aveva avvertito di indagini su di lui, per questo sarebbe stato
meglio allentare i rapporti».Archiviata la causa per diffamazione, “è la verità”
Cuffaro perde contro “La Mafia è bianca”Salvatore Cuffaro perde il secondo round contro “La Mafia è bianca”. Il Tribunale di Bergamo, infatti, per la seconda volta dà ragione a Michele Santoro e ai due giornalisti Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini, autori del film-documentario campione d´incassi con oltre 80 mila copie vendute. I giornalisti erano stati querelati per diffamazione dal Presidente della Regione Sicilia. L´inchiesta – secondo i giudici – è “una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia”. Il tribunale di Bergamo, sezione del giudice per le indagini preliminari ha disposto l´archiviazione del procedimento in quanto gli elementi acquisiti non sono sufficienti per sostenere l´accusa in giudizio. Dopo aver chiesto il sequestro del libro dvd – richiesta già respinta nel merito dal tribunale civile di Bergamo nel gennaio 2006 – Cuffaro aveva predisposto una causa penale, sempre per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti dei due autori e di Michele Santoro, autore della prefazione al volume. Nel merito, “l´esame degli scritti e la visione del dvd rivelano, ad avviso del Gip, lo svolgimento di una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia che, attraverso la trascrizione di brani di dichiarazioni rese alla autorità giudiziaria da parte di soggetti, in genere medici, già condannati o imputati in procedimenti penali per fatti di criminalità mafiosa non violenta, integrate da ulteriori informazioni, fornite dagli autori della pubblicazione, mostra le gravi inefficienze delle strutture pubbliche e la correlativa efficienza della nutritissima schiera di strutture sanitarie private, accreditate dalla Regione siciliana in misura di gran lunga eccedente quella delle altre regioni. In tale contesto emergono rapporti di personale conoscenza o di occasionale frequentazione tra il Presidente della regione, anch´egli medico, radiologo, e taluni di quei soggetti dichiaranti, che gli autori dell´indagine sottolineano al fine di evidenziare gli intrecci di interessi economici e politici”.http://isolapulita.forumfree.net/Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine
http://isoladellefemminepulita.blogspot.com/2011/09/isola-delle-femmine-comune-accesso-agli.html
Megastore e mafia chiesti sessant’ anni
I pm della Dda Nino Di Matteo e Lia Sava hanno chiesto 60
anni di reclusione per gli 8 imputati nel processo sul megastore di Villabate
controllato dalla mafia.La pena più alta – 15 anni – è stata sollecitata per
Giovanni La Mantia,
accusato di associazione mafiosa; nove anni la pena chiesta per l’ ex sindaco
di Villabate Lorenzo Carandino (concorso esterno) e per l’ architetto che
progettò l’ ipermercato, Rocco Aluzzo (concorso esterno).I pm hanno invece
chiesto la condanna a 7 anni di Pierfrancesco Marussig, titolare della Asset
Development che doveva realizzare il centro commerciale, accusato di corruzione
aggravata dall’ avere agevolato la mafia.Sette anni la pena chiesta per l’
architetto Antonio Borsellino e 5 anni per l’ ex socio della Asset, Giuseppe
Daghino e per l’ ex sindaco di Catania, Angelo Lo Presti.Patto mafia-politica per il megastore
Da mandalà a La
Loggia, da Cuffaro a Mastella. Per Francesco Campanella, il
politico “pentito” che, con le sue dichiarazioni, ha aggravato la
posizione del presidente della Regione nel processo che lo vede imputato di
favoreggiamento a Cosa nostra e rivelazione di notizie riservate, è arrivata l’
ora di ribadire in aula le sue accuse sulle tante relazioni pericolose tra
uomini politici e mafiosi che a lui, ex segretario nazionale dei giovani dell’
Udeur ma anche uomo “riservato” della famiglia mafiosa di Villabate,
risultano in prima persona. E proprio al processo per le tangenti per la
realizzazione del centro commerciale di Villabate Campanella verrà ascoltato la
prossima settimana a Firenze dai pm Nino Di Matteo e Lia Sava che, nei giorni
scorsi, hanno depositato agli atti il memoriale datato 11 ottobre 2005 nel
quale Campanella, ancor prima di formalizzare il suo status di collaboratore di
giustizia, ha messo nero su bianco le sue accuse. E non solo a Cuffaro. Ci sono
due uomini di primo piano di Forza Italia ai quali il pentito attribuisce uno
stretto rapporto personale con il boss di Villabate, Antonino Mandalà, che fu
il coordinatore del circolo azzurro di Villabate. E proprio Mandalà, in una
riunione nello studio del presidente dei senatori di Forza Italia Renato
Schifani, avrebbe concordato con lui e con «il suo amico e socio» Enrico La Loggia le modifiche da
apportare al piano regolatore di Villabate, strumento di programmazione
fondamentale per la realizzazione del centro commerciale che tanto interessava
alla cosca di Villabate. Il pentito racconta che l’ operazione concordata tra
Mandalà e La Loggia
«avrebbe previsto l’ assegnazione dell’ incarico ad un loro progettista di
fiducia, l’ ingegner Guzzardo, e l’ incarico di esperto del sindaco in materia
urbanistica allo stesso Schifani, che avrebbe coordinato con il Guzzardo tutte
le richieste che lo stesso Mandalà avesse voluto inserire in materia di
urbanistica. In cambio – precisa poi Campanella – La Loggia, Schifani e Guzzardo
avrebbero diviso gli importi relativi alle parcelle di progettazione Prg e
consulenza».Secondo Campanella, «il piano regolatore di Villabate si formò
sulle indicazioni che vennero costruite dagli stessi Antonino e Nicola Mandalà,
in funzione alle indicazioni dei componenti della famiglia mafiosa e alle
tangenti concordate». Nel processo che martedì si trasferisce a Firenze sono
imputati Pier Francesco Marussig e Giuseppe Daghino (i manager della
multinazionale romana Asset); l’ ex sindaco di Catania, Angelo Francesco Lo Presti;
l’ ex sindaco di Villabate, Lorenzo Carandino; gli architetti Rocco Aluzzo e
Antonio Borsellino.Nella vicenda dell’ ipermercato di Villabate, che poi non
fu mai realizzato, Campanella è il teste chiave: il pentito sostiene di aver
ricevuto da Marussig una tangente da 25 mila euro per sveltire l’ iter di
approvazione del centro commerciale. Antonino Mandalà è invece imputato in una
seconda «tranche» del processo che si celebra con il rito abbreviato.Il
tribunale lo ha condannato a 8 anni per associazione mafiosa nel processo a
Gaspare Giudice. a.z.Villabate, tangenti sul megastore a giudizio politici e imprenditori
Il giudice per l’ udienza preliminare di Palermo Marco
Mazzeo ha rinviato a giudizio otto persone accusate a vario titolo di avere
avuto un ruolo nell’ affare del centro commerciale di Villabate.Della vicenda,
secondo quanto riferito dal pentito Francesco Campanella, era interessata la
famiglia mafiosa del paese a 5 chilometri da Palermo, capeggiata da Nicola
Mandalà.Nell’ affare Cosa nostra avrebbe cercato di ottenere autorizzazioni
per realizzare un mega centro da circa 200 milioni di euro. Per accelerare le
pratiche sarebbero state pagate tangenti ai consiglieri comunali di Villabate.
Il Gup ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Nino Di Matteo e Lia
Sava: a giudizio sono andati Giovanni La Mantia, Rocco Aluzzo, Antonio Borsellino, l’ ex
sindaco del paese Lorenzo Carandino, l’ ex sindaco di Catania Angelo Francesco
Lo Presti, Matteo D’ Assaro, Pierfrancesco Marussig e Giuseppe Daghino,
titolari della società Asset Development che avrebbe dovuto realizzare il
centro.In apertura di udienza il gup aveva respinto le eccezioni di
incompetenza territoriale presentata dalla difesa di Marussig, di Daghino e di
Lo Presti. Il processo è stato fissato per il 16 aprile davanti alla quinta sezione
del tribunale di Palermo.Villabate, ecco il contratto con la mafia
Dentro il computer di un architetto che si occupò del centro
commerciale di Villabate, i carabinieri hanno ritrovato un documento
eccezionale. è un vero e proprio contratto stipulato dagli imprenditori con il
capomafia di Villabate.«La definizione degli accordi è avvenuta con il signor
Nicola Mandalà – è scritto nel documento – che nel periodo finale ha sostituito
il signor Campanella».Era nel computer dell’ architetto Rocco Aluzzo il file,
assieme ad altri che adesso sono all’ esame di un perito informatico.Stabilisce ancora il documento: «Allegato A. Condizioni pattuite dalla società
acquirente con i signori Borsellino, Mandalà, Notaro e Campanella».Al punto
tre si legge: «Impegno assunto dalla società acquirente ad affidare buona parte
degli appalti dei lavori a ditte indicate dai suddetti signori». E ancora:
«Impegno assunto dalla società ad assumere, in misura pari ad almeno il 20 per
cento del proprio organico, personale indicato dai suddetti soggetti».Punto
cinque: «Impegno assunto dalla società acquirente a cedere in affitto almeno il
30 per cento dei locali o dei rami d’ azienda della galleria di negozi che si
andrà a realizzare, a ditte indicate dai soggetti di cui sopra». E non si
capisce a che titolo Nicola Mandalà, il boss che custodiva la latitanza di
Provenzano, fosse parte dell’ accordo. La data del documento è quella del 26
febbraio 2001.Il documento è stato depositato ieri mattina dal pm Nino Di
Matteo. E al processo Miceli, la
Procura ha chiamato a deporre l’ avvocato Giovan Battista
Bruno: un tempo, era uno degli amici più fidati del presidente Cuffaro. Oggi,
lo mette nei guai, confermando le accuse di un altro amico del governatore,
Francesco Campanella, oggi uno dei principali pentiti della Procura di Palermo.Dice Bruno: «Incontrai Cuffaro in un ristorante, a Roma, il sabato prima di
Pasqua, nel 2003. Parlava male di Campanella. Mi disse, a proposito del
progetto di realizzazione di un centro commerciale a Villabate: “Se uno
vuole le cose si deve presentare. Ed invece da una parte mi hanno offerto 5
miliardi, da quest’ altra manco sono venuti».Successivamente, Bruno incontrò
Campanella: «Definì Cuffaro un traditore – ricorda l’ avvocato Bruno – mi disse
che secondo lui Totò aveva fatto finta di portare avanti il progetto di
Villabate, invece in realtà voleva solo quello di Brancaccio». Secondo la Procura, dietro il centro
di Brancaccio, c’ erano i boss. Bruno offre altri inediti: «Campanella mi disse
che Cuffaro l’ aveva avvertito di indagini su di lui, per questo sarebbe stato
meglio allentare i rapporti».Archiviata la causa per diffamazione, “è la verità”
Cuffaro perde contro “La Mafia è bianca”Salvatore Cuffaro perde il secondo round contro “La Mafia è bianca”. Il Tribunale di Bergamo, infatti, per la seconda volta dà ragione a Michele Santoro e ai due giornalisti Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini, autori del film-documentario campione d´incassi con oltre 80 mila copie vendute. I giornalisti erano stati querelati per diffamazione dal Presidente della Regione Sicilia. L´inchiesta – secondo i giudici – è “una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia”. Il tribunale di Bergamo, sezione del giudice per le indagini preliminari ha disposto l´archiviazione del procedimento in quanto gli elementi acquisiti non sono sufficienti per sostenere l´accusa in giudizio. Dopo aver chiesto il sequestro del libro dvd – richiesta già respinta nel merito dal tribunale civile di Bergamo nel gennaio 2006 – Cuffaro aveva predisposto una causa penale, sempre per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti dei due autori e di Michele Santoro, autore della prefazione al volume. Nel merito, “l´esame degli scritti e la visione del dvd rivelano, ad avviso del Gip, lo svolgimento di una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia che, attraverso la trascrizione di brani di dichiarazioni rese alla autorità giudiziaria da parte di soggetti, in genere medici, già condannati o imputati in procedimenti penali per fatti di criminalità mafiosa non violenta, integrate da ulteriori informazioni, fornite dagli autori della pubblicazione, mostra le gravi inefficienze delle strutture pubbliche e la correlativa efficienza della nutritissima schiera di strutture sanitarie private, accreditate dalla Regione siciliana in misura di gran lunga eccedente quella delle altre regioni. In tale contesto emergono rapporti di personale conoscenza o di occasionale frequentazione tra il Presidente della regione, anch´egli medico, radiologo, e taluni di quei soggetti dichiaranti, che gli autori dell´indagine sottolineano al fine di evidenziare gli intrecci di interessi economici e politici”.http://isolapulita.forumfree.net/Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine
http://isoladellefemminepulita.blogspot.com/2011/09/isola-delle-femmine-comune-accesso-agli.html
Villabate, tangenti sul megastore a giudizio politici e imprenditori
Villabate, tangenti sul megastore a giudizio politici e imprenditori
Il giudice per l’ udienza preliminare di Palermo Marco
Mazzeo ha rinviato a giudizio otto persone accusate a vario titolo di avere
avuto un ruolo nell’ affare del centro commerciale di Villabate.Della vicenda,
secondo quanto riferito dal pentito Francesco Campanella, era interessata la
famiglia mafiosa del paese a 5 chilometri da Palermo, capeggiata da Nicola
Mandalà.Nell’ affare Cosa nostra avrebbe cercato di ottenere autorizzazioni
per realizzare un mega centro da circa 200 milioni di euro. Per accelerare le
pratiche sarebbero state pagate tangenti ai consiglieri comunali di Villabate.
Il Gup ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Nino Di Matteo e Lia
Sava: a giudizio sono andati Giovanni La Mantia, Rocco Aluzzo, Antonio Borsellino, l’ ex
sindaco del paese Lorenzo Carandino, l’ ex sindaco di Catania Angelo Francesco
Lo Presti, Matteo D’ Assaro, Pierfrancesco Marussig e Giuseppe Daghino,
titolari della società Asset Development che avrebbe dovuto realizzare il
centro.In apertura di udienza il gup aveva respinto le eccezioni di
incompetenza territoriale presentata dalla difesa di Marussig, di Daghino e di
Lo Presti. Il processo è stato fissato per il 16 aprile davanti alla quinta sezione
del tribunale di Palermo.Villabate, ecco il contratto con la mafia
Dentro il computer di un architetto che si occupò del centro
commerciale di Villabate, i carabinieri hanno ritrovato un documento
eccezionale. è un vero e proprio contratto stipulato dagli imprenditori con il
capomafia di Villabate.«La definizione degli accordi è avvenuta con il signor
Nicola Mandalà – è scritto nel documento – che nel periodo finale ha sostituito
il signor Campanella».Era nel computer dell’ architetto Rocco Aluzzo il file,
assieme ad altri che adesso sono all’ esame di un perito informatico.Stabilisce ancora il documento: «Allegato A. Condizioni pattuite dalla società
acquirente con i signori Borsellino, Mandalà, Notaro e Campanella».Al punto
tre si legge: «Impegno assunto dalla società acquirente ad affidare buona parte
degli appalti dei lavori a ditte indicate dai suddetti signori». E ancora:
«Impegno assunto dalla società ad assumere, in misura pari ad almeno il 20 per
cento del proprio organico, personale indicato dai suddetti soggetti».Punto
cinque: «Impegno assunto dalla società acquirente a cedere in affitto almeno il
30 per cento dei locali o dei rami d’ azienda della galleria di negozi che si
andrà a realizzare, a ditte indicate dai soggetti di cui sopra». E non si
capisce a che titolo Nicola Mandalà, il boss che custodiva la latitanza di
Provenzano, fosse parte dell’ accordo. La data del documento è quella del 26
febbraio 2001.Il documento è stato depositato ieri mattina dal pm Nino Di
Matteo. E al processo Miceli, la
Procura ha chiamato a deporre l’ avvocato Giovan Battista
Bruno: un tempo, era uno degli amici più fidati del presidente Cuffaro. Oggi,
lo mette nei guai, confermando le accuse di un altro amico del governatore,
Francesco Campanella, oggi uno dei principali pentiti della Procura di Palermo.Dice Bruno: «Incontrai Cuffaro in un ristorante, a Roma, il sabato prima di
Pasqua, nel 2003. Parlava male di Campanella. Mi disse, a proposito del
progetto di realizzazione di un centro commerciale a Villabate: “Se uno
vuole le cose si deve presentare. Ed invece da una parte mi hanno offerto 5
miliardi, da quest’ altra manco sono venuti».Successivamente, Bruno incontrò
Campanella: «Definì Cuffaro un traditore – ricorda l’ avvocato Bruno – mi disse
che secondo lui Totò aveva fatto finta di portare avanti il progetto di
Villabate, invece in realtà voleva solo quello di Brancaccio». Secondo la Procura, dietro il centro
di Brancaccio, c’ erano i boss. Bruno offre altri inediti: «Campanella mi disse
che Cuffaro l’ aveva avvertito di indagini su di lui, per questo sarebbe stato
meglio allentare i rapporti».Archiviata la causa per diffamazione, “è la verità”
Cuffaro perde contro “La Mafia è bianca”Salvatore Cuffaro perde il secondo round contro “La Mafia è bianca”. Il Tribunale di Bergamo, infatti, per la seconda volta dà ragione a Michele Santoro e ai due giornalisti Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini, autori del film-documentario campione d´incassi con oltre 80 mila copie vendute. I giornalisti erano stati querelati per diffamazione dal Presidente della Regione Sicilia. L´inchiesta – secondo i giudici – è “una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia”. Il tribunale di Bergamo, sezione del giudice per le indagini preliminari ha disposto l´archiviazione del procedimento in quanto gli elementi acquisiti non sono sufficienti per sostenere l´accusa in giudizio. Dopo aver chiesto il sequestro del libro dvd – richiesta già respinta nel merito dal tribunale civile di Bergamo nel gennaio 2006 – Cuffaro aveva predisposto una causa penale, sempre per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti dei due autori e di Michele Santoro, autore della prefazione al volume. Nel merito, “l´esame degli scritti e la visione del dvd rivelano, ad avviso del Gip, lo svolgimento di una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia che, attraverso la trascrizione di brani di dichiarazioni rese alla autorità giudiziaria da parte di soggetti, in genere medici, già condannati o imputati in procedimenti penali per fatti di criminalità mafiosa non violenta, integrate da ulteriori informazioni, fornite dagli autori della pubblicazione, mostra le gravi inefficienze delle strutture pubbliche e la correlativa efficienza della nutritissima schiera di strutture sanitarie private, accreditate dalla Regione siciliana in misura di gran lunga eccedente quella delle altre regioni. In tale contesto emergono rapporti di personale conoscenza o di occasionale frequentazione tra il Presidente della regione, anch´egli medico, radiologo, e taluni di quei soggetti dichiaranti, che gli autori dell´indagine sottolineano al fine di evidenziare gli intrecci di interessi economici e politici”.http://isolapulita.forumfree.net/
Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine
http://isoladellefemminepulita.blogspot.com/2011/09/isola-delle-femmine-comune-accesso-agli.html
Villabate, ecco il contratto con la mafia
Dentro il computer di un architetto che si occupò del centro
commerciale di Villabate, i carabinieri hanno ritrovato un documento
eccezionale. è un vero e proprio contratto stipulato dagli imprenditori con il
capomafia di Villabate.«La definizione degli accordi è avvenuta con il signor
Nicola Mandalà – è scritto nel documento – che nel periodo finale ha sostituito
il signor Campanella».Era nel computer dell’ architetto Rocco Aluzzo il file,
assieme ad altri che adesso sono all’ esame di un perito informatico.Stabilisce ancora il documento: «Allegato A. Condizioni pattuite dalla società
acquirente con i signori Borsellino, Mandalà, Notaro e Campanella».Al punto
tre si legge: «Impegno assunto dalla società acquirente ad affidare buona parte
degli appalti dei lavori a ditte indicate dai suddetti signori». E ancora:
«Impegno assunto dalla società ad assumere, in misura pari ad almeno il 20 per
cento del proprio organico, personale indicato dai suddetti soggetti».Punto
cinque: «Impegno assunto dalla società acquirente a cedere in affitto almeno il
30 per cento dei locali o dei rami d’ azienda della galleria di negozi che si
andrà a realizzare, a ditte indicate dai soggetti di cui sopra». E non si
capisce a che titolo Nicola Mandalà, il boss che custodiva la latitanza di
Provenzano, fosse parte dell’ accordo. La data del documento è quella del 26
febbraio 2001.Il documento è stato depositato ieri mattina dal pm Nino Di
Matteo. E al processo Miceli, la
Procura ha chiamato a deporre l’ avvocato Giovan Battista
Bruno: un tempo, era uno degli amici più fidati del presidente Cuffaro. Oggi,
lo mette nei guai, confermando le accuse di un altro amico del governatore,
Francesco Campanella, oggi uno dei principali pentiti della Procura di Palermo.Dice Bruno: «Incontrai Cuffaro in un ristorante, a Roma, il sabato prima di
Pasqua, nel 2003. Parlava male di Campanella. Mi disse, a proposito del
progetto di realizzazione di un centro commerciale a Villabate: “Se uno
vuole le cose si deve presentare. Ed invece da una parte mi hanno offerto 5
miliardi, da quest’ altra manco sono venuti».Successivamente, Bruno incontrò
Campanella: «Definì Cuffaro un traditore – ricorda l’ avvocato Bruno – mi disse
che secondo lui Totò aveva fatto finta di portare avanti il progetto di
Villabate, invece in realtà voleva solo quello di Brancaccio». Secondo la Procura, dietro il centro
di Brancaccio, c’ erano i boss. Bruno offre altri inediti: «Campanella mi disse
che Cuffaro l’ aveva avvertito di indagini su di lui, per questo sarebbe stato
meglio allentare i rapporti».Archiviata la causa per diffamazione, “è la verità”
Cuffaro perde contro “La Mafia è bianca”Salvatore Cuffaro perde il secondo round contro “La Mafia è bianca”. Il Tribunale di Bergamo, infatti, per la seconda volta dà ragione a Michele Santoro e ai due giornalisti Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini, autori del film-documentario campione d´incassi con oltre 80 mila copie vendute. I giornalisti erano stati querelati per diffamazione dal Presidente della Regione Sicilia. L´inchiesta – secondo i giudici – è “una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia”. Il tribunale di Bergamo, sezione del giudice per le indagini preliminari ha disposto l´archiviazione del procedimento in quanto gli elementi acquisiti non sono sufficienti per sostenere l´accusa in giudizio. Dopo aver chiesto il sequestro del libro dvd – richiesta già respinta nel merito dal tribunale civile di Bergamo nel gennaio 2006 – Cuffaro aveva predisposto una causa penale, sempre per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti dei due autori e di Michele Santoro, autore della prefazione al volume. Nel merito, “l´esame degli scritti e la visione del dvd rivelano, ad avviso del Gip, lo svolgimento di una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia che, attraverso la trascrizione di brani di dichiarazioni rese alla autorità giudiziaria da parte di soggetti, in genere medici, già condannati o imputati in procedimenti penali per fatti di criminalità mafiosa non violenta, integrate da ulteriori informazioni, fornite dagli autori della pubblicazione, mostra le gravi inefficienze delle strutture pubbliche e la correlativa efficienza della nutritissima schiera di strutture sanitarie private, accreditate dalla Regione siciliana in misura di gran lunga eccedente quella delle altre regioni. In tale contesto emergono rapporti di personale conoscenza o di occasionale frequentazione tra il Presidente della regione, anch´egli medico, radiologo, e taluni di quei soggetti dichiaranti, che gli autori dell´indagine sottolineano al fine di evidenziare gli intrecci di interessi economici e politici”.http://isolapulita.forumfree.net/
Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femminehttp://isolapulita.blogspot.it/2006/11/archiviata-la-causa-per-diffamazione.html
http://isolapulita.blogspot.it/2007/04/trasparenza-partecipazione-accesso-agli.html
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